mercoledì 28 ottobre 2009

Viaggi intestini - Da Dont Know a Mae Salong



Fin dalle prime luci dell'alba rumori di preparativi vari giungevano a noi attraverso il torpido dolorino osseo creato dai tipici movimenti corporei delpre risveglio, del nostro dormire sul duro pavimento.
Tutto d'un tratto si aprono gli occhi, miei e di Mao, sguardi perplessi avvolti da folate di alitosi al peperoncino si incrociano e si scambiano idee di lenta levata, ma la festa chiama e quindi via, ci si stropiccia a dovere e si esce. 
Nemmeno fuori dall'uscio che dolce viso ci prende sottobraccio e ci porta al villaggio per la colazione
Sotto di una tettoia, multitudini di genti tutte intente ad affettare piu' di qualche maiale sicuramente ancora in vita prima del sorgere del Dio Sole. Ognuno con il proprio compito: chi si dedicava agli intestini, chi ai polmoni, chi a non so quale organo piu' remoto del corpo suino. Era tutta una frattaglia.
Ci accomodiamo al tavolo, il capovillaggio si presenta e ci accoglie a braccia aperte mentre altre molitudini di gente si prodiga ad apparecchiare e portarci ogni ben di dio.
Si comincia con dei mirabolanti cubetti di pancetta fritta, per poi passare a della trippa, il tutto affogato da fiumi di Fanta (Finta).
Buon inizio per essere le sette del mattino. Il Lake fa suo qualche unto cubetto, lasciando a Mao l'ingrato (o grato) compito di spazzolare il Tutto, il quale ricambia con soventi gorgoglii gutturali.
Giusto il tempo di togliere le caccole dagli occhi che dolce ragazza prende il Lake per mano e lo porta dalla fattucchiera di Dont Know, in una capanna giusto qualche centinaio di metri a valle. 
Ci accolgono il marito e i genitori della massaggiatrice, che offrono birra e timidi sorrisi.
Il Babbo fuma la pipa, ancora come si faceva un tempo, prima del tabacco, mentre Mamy, foulard in testa a mò di sceicco e denti in ferie, ci regala timidi sorrisi a bocca larga.
Il Lake si adagia sulla seggiola, butta in aria i suoi piedi menomati e lei arriva. Maglia del Re e Jeans di ordinanza.
Guarda velocemente la causa del dolore e si mette all'opera. Per quasi un'ora e mezza, potrei appuntare. Dopo appunto un'ora e mezza di atroci sofferenze e pediluvi lenitivi il Lake si rimette in piedi e....cammina!
Lascio un po' di mancia, piu' per riempire la coscienza socialoccidentale che per esplicita richiesta.
Ancora un paio di cicciole qua e là, si ascolta un po' il Monaco litaneggiare canti incomprensibili, si impacchettano i 4 stracci, si saluta a mani giunte un po' tutti e ci si ributta in strada, che il Lake vuole testare la coppia di piedi nuova di zecca.
E quale occasione migliore se non percorrerci subito quei 3 km che ci distanziano dall'incrocio con la strada principale? Via, che sono le 11.30 e il sole ancora non ti desquama.
Per fortuna all'arrivo c'è un capanno di bambu', così ci si rilassa un po' all'ombra. Il tempo di una sigaretta e una macchina distinta accosta e accetta di portarci fino al bivio per Mae Salong, che lui poi gira e va a Chiang Mai. Hai presente le animation giapponesi della nostra infanzia? L'insegnante tipo coi capelli grigi laccati all'indietro? Ecco, il nostro Caccamo delle colline ne è l'esempio vivente!
Ci accompagna silenzioso al nostro "punto" che coincide anche con la "frontiera" tra le due province (Chiang Mai, si entra a Chiang Rai).
Il Lake si appanica un pochetto per la presenza delle forze dell'ordine, tipo "ecco, e ora? e se l'autostop è proibito?" e mentre grufola altre paranoie occidentali ecco che il milite con fare agguerrito si avvicina e come in ogni classica occasione fallacea esclama: "dove dovete andare?" " Mae Salong ma...ma..." Il gendarme sussurra qualcosa al suo compare il quale si dirige verso una macchina in arrivo e gli impone di darci un passaggio. Tre ragazzi alla guida di un pick up, rosso fuoco e cabinato, "acconsentono" con un cenno e ci caricano nel vano merci. Dalla velocità assurda di percorrenza di strade tutte curve e saliscendi, sembra quasi ce lo vogliano far pagar caro, quel si a denti stretti.
Ma la strada è un po' così, prendi quel che viene e accetti il tuo destino. Con una celata grattatina al cavallo.
In men che non si dica si arriva a Mae Salong, città di cinquant'anni fondata da un generale dissidente di Mao, che abbandonò i nefandi progetti dittatoriali e portò le sue genti dallo Yunnan al di qua del confine, nel Prathet Thai (Paese degli Uomini Liberi), a milleduecento metri di sconfinate vedute delle valli sottostanti e protetti da giugle rigogliose.
Qui si coltiva il Tè, il Verde della migliore qualità. Sostituì la coltivazione massiva di Oppio che permetteva a queste genti isolate, abitanti di una terra impervia, di sopravvivere di scambio.
A Mae Salong piove sempre, o meglio se sono sotto la pioggia e faccio cento metri ecco che non piove piu'. Ma se poi ne faccio altri cinquecento piove di nuovo, di quella microscopica che nemmeno ti bagna.
E grigi nuvoloni lacerati da cocenti raggi di sole. Il nido delle aquile insomma.
A Mae Salong tutto è mercato mercanzia mercanteggiabile. Innumerevoli incontabili incantevoli negozietti e bancarelle si facevano strada alla vista che allargava l'orizzonte ad ogni nostro passo.
Ambulanti imbonitori semplici esercenti decantavano a squarciagola le innumerevoli proprietà del tè di loro produzioni, offrendo piccoli deliziosi qualificati assaggini della migliore qualità. Piu' di qualche avventore curioso turista si lasciava trasportare dalle usanze e dei modi regalandosi preziosi minuti di piacere assoluto, una sorta di galleria di profumi infusioni ed esplosioni del palato, un meccanismo perfetto come quegli orologi dell'est che allo scoccar dell'ora regalano spezzoni di vita (non piu') comune.
Io e Totò si bada al sodo, per il momento, che significa riso in panza. Tanto riso poca panza.
Il primo ristorante va bene, anche se ci costerà quei trenta baht in piu'. C'est la Vie.
Decidiamo di noleggiare un motorino, visti i saliscendi e il Lake ancora claudicante. Si va al Megatempio quattro km a monte, proprio sul cucuzzolo, da dove il Lake scatta alcune di queste foto.


Si guarda in giro in cerca della solita pagodina ma non c'è traccia. E qui pioviggina, come già si è accennato.
Si scende di nuovo al paese, si prende ogni singola stradina che potrebbe portare al centro dal paese (le scale DEVONO esserci), si termina spesso in pagodine funerarie che vabbè lo spirito libero ma l'amaca a fianco del morto fa un non so che di stanotte ogni scricchiolìo è mio.
Ormai esausti e senza risultato si finisce a una bancarellina con una bella veduta sul paese. Si decide di provare. Vai con la danza dei Tè.
Oulong, Yasmine, Ginseng, Oulong prima scelta, tutto studiato, tutto perfetto, nei gesti e secondo tradizione. Il Lake si incanta, Mao gradisce ma non gongola, in lui riecheggiano ancora gli antichi sapori maialiferi.

Nonostante l'estasi saporifera si decide di non comprare, che questa è la prima e magari lo paghiamo il doppio.
Il venditore quindi si gioca l'asso e invita all'assaggio della frutta caramellata. Risparmio la manfrina (nostra), porto direttamente a conoscenza i costi: 350 bath ai quali si devono aggiungere baht 200 investiti dal Lago per un chilo di costosissimo Macadamia. Tè no grazie tutto il resto è mio.


Si riscende, si inforca senza speranze l'ultima viuzza che porta "su" e...le scale! La pagoda! Meraviglioso, anche stanotte si dorme.


Si riscende a valle per uno spuntino e poi si stende l'amaca. Ma non si dorme subito.
Questa notte il cielo torbido di Mae Salong ci fa un dono. Ha deciso di dar spazio alle incontenibili stelle di una tiepida notte tropicale.

 Coltivazione del Tè

"Fabbrica" del Tè


lunedì 26 ottobre 2009

The Duel - da Thaton a Dont Know

Al risveglio il Mae Kok era ancora lì, a suonare la sua litania ancestrale.
Noi ci si alza, si riflette un po' sul prendere una barca, che ci avrebbe portato a Chiang Rai, inclusa visita a qualche villaggio sperduto, poi però un po' la voglia di raggiungere il Triangolo d'Oro, un po' il prezzo del battello stesso, fissato in 350 baht a capoccia, ci hanno riportato sulla amatissima strada, a dito alzato e attacchi di disidratazione acuti.
Dopo circa un'ora ci si trova ancora sotto il sole, e l'unico che si ferma è un motorino con in sella un uomo panzottello e una dolce ragazza dai tratti decisamente oriundi, che facevano pendere le sue radici tra Cina, Birmania e chissà quale area remota del MyanVietThaiCamb.
"Sono il direttore di una scuola qui vicino, sulla strada (l'unica) che porta al fiume e attraversa i villaggi delle tribù del nord" esordisce ThaiPanz "seguiamo progetti di integrazione tra i vari villaggi e le genti della Thailandia. La scuola ora è chiusa, per le vacanze, ma domani ci sarà piu' di qualche alunno perchè dei Monaci vengono a pregare da noi. Sarebbe mio onore avervi come ospiti"
"Potrete stare da me" conclude la dolce ragazza dai tratti.
E' bastata un'occhiata, perchè Maostralo, di queste occasioni, non se ne fanno sfuggire.
Ora,in quattro sul motorino si sta un po' stretti, non fosse per la sua panzona che quasi quasi.....via, ancora un po' col dito su. Giusto un'altra oretta.
Che poi si ferma il solito Pick Up, ben contento (e di fretta vista la velocità alquanto sostenuta) di portarci proprio lì, a quell'incrocio che se giri a destra vedi le tribù e poi muori nel Mae Kok.
Glug Glug
E poi una camminatina, giusto un paio di chilometrini.
"Hello! Hello!" al primo villaggio, timidi sorrisi al secondo ed eccoci di fronte al portone, con ThaiPanz tutto intento a preparare un bel banchetto.
Si mangia come porci, ci si accascia aul pavimento (su stuoia ndr) a casa di dolce ragazza e si sviene per almeno 4 ore.
Fuori si iniziava ad animare, genti imbandivano tavoli e panche per il dì domani e noi due si russava come bestie unte.
Al risveglio si aiuta a sistemare l'ultima panca, si da un'occhiata attorno per vedere se....e....e....e si vede un pallone da calcio, e dei bambini e dei ragazzi rincorrere 'o pallune stesse.
Mezz'ora al tramonto, questa non la si lascia scappar via, noi da bravi italiani medi cresciuti a Zoff Gentile Cabrini... e Oronzo Canà. Perchè la sindrome dell'allenatore nel pallone alberga sempre nel cuore di ogni Italiano medio che si rispetti.
Mao chiama a raduno, si presentà come Totò (Totò chi? Schillaci, Di Natale?) e divide le squadre in età medie eque. 75 anni a team.
Formazioni:
MaoTeam:
Portiere, giovane promessa del calcio tribale (7 anni), due puledri purosangue di 16 anni cadauno sulle fasce, mentre Totò si schiera al centro ("Totò" Bagni? Misteri della zona)
Il Lake schiera invece una squadra molto giovane ma temeraria, composta dal portiere (7 anni anch'esso), l'ala destra (8) l'ala sinistra (20?30? fisico giovine, volto antico coperto da taglio di capelli stile Millian Delitto al Ristorante Cinese (uelà, oggi si citano tutti i capolavori nostrani!) , mentre il Lago medesimo, esperto grigiore, si piazza al centro alla Franz, stesso stile stessa era (anche perchè sennò la media chi la tirava su?)

La partita è dai toni incandescenti, con il Lake scatenatissimo a smistare a destra e a manca e Totò tutto intento a ostacolare alla CannavaroCastAway. E a detta del Lago pure in maniera un po' rudella.
Il risultato non si sblocca e la giovane squadra mia un po' si demoralizza, e il capitano inizia a perder colpi, sicchè in contropiede equino la squadra di Mao ci infilza. Una, due, cinque volte, a fronte di innumerevoli occasioni LagoTeam sfociate in un paio marcature.
La squadra di Mao continua a segnare a valanga, noi si muore insieme al sole che tramonta e si perde il conto di quante volte ci infilzano.
Noi perlopiu' si annaspa, e si incespica. E il Lake rifila pure un calcione da tripla espulsione a uno dei puledri, il quale si alza di scatto e riprende il galoppo, mentre io, già monco di sinistro (pallone sgonfio e a piedi nudi sul cemento) termino l'opera fracassandomi pure la destra.
Ancora un paio di sfuriate avversarie e si conclude il match. In notturna al buio.
1...000-a 7 e buona notte.
Anzi no, cena con gli insegnani. Uomini da una parte. Donne dall'altra. Così come siamo. Puzzoni.
Si mangia un po' con le mani, quattro chiacchiere in Thai (loro) e finalmente liberi.
Megadocciona disinfestante e poi ci si butta lì, all'ingresso della casa di dolce ragazza, con il Lake superinfortunato a zampe all'aria massaggiarsi con ogni genere di TigerUnguento e il Mao che fa da spola tra la stanza la doccia e ThaiPanz.
Dolce ci racconta un po' la sua storia, a tratti romantica a tratti difficile.
Noi ci si gratta un po' la barba sconsolati, ci si fregia ognuno della propria ascella profumata e si va a ninne. Che domani è lunga e io devo trovare il modo di poter di nuovo camminare.


The Valley where the school is - one -

The Valley where the school is - two -

venerdì 23 ottobre 2009

Monsieur Mae Kok - da Mae Malai a Thaton

La mattina sveglia all'alba, con i primi lavoratori a far capolino al cancello della fabbrica e qualche raggio di sole lambire la copertina di cartone che qualche giorno fa avevo comprato a 60 cents. Mao invece usa il Sarong, che fa figo e orientale (ed è piu' cald0). Primi lavoratori e prime zanzarine, che si divertono a danzare tra un lobo e l'altro delle nostre orecchie, Il Lake per fortuna ha escogitato il calzino salva caviglia e quindi esce indenne, mentre Mao si gratta come un gibbone per le micropunturine. Ci si alza, si impacchetta tutto e ci si butta in strada. Fuori città ovviamente. Che la prima regola dell'autostoppista è mai alzare il pollice nei centri urbani. Realtà o scaramanzia? Fatto sta che la città è talmente "piccola" che per domarla camminiamo per almeno 4-5 km, accompagnati alle spalle da un sole già cocente. Ci assepiamo sotto al cartello di Goodbye, giusto prima di un curvone e mentre si attende ci sbraniamo un chilo di Rambutan. Colazione è fatta. E a meno due frutti ecco fermarsi due donne Thai che, in sella al loro pick up nero, sembravano appena uscite da un Rodeo, tanti i muscoli che le camiciole con le maniche arricciate all'insu' lasciavano intravedere. Insieme a noi caricano un ragazzo Thai (tanto per essere sicure...) che sale però in cabina, il raccomandato. Loro vanno a Chang Dao, famosa per la presenza di uno dei tre monti (forse il terzo) piu' alti della Thailandia, coda terminale della catena dell'Himalaya; mentre noi a Thaton, a 5 km dalle colline Birmane. Ma noi non ci si preoccupa e si procede. Che poi sarà il destino a metterci nel posto giusto. Arrivati all'inizio di Chang Dao ci siamo dedicati un'oretta su internet, piu' per il fatto che costava 20 cent l'ora, che per una necessità impellente. Ma certe cose, quando sei gitano squattrinato, non te le puoi proprio perdere.
Come dicevamo, ci mollano all'inizio di Chang Dao alias per fare autostop, fino alla fine ci devi camminare. Detto fatto, qualche altro chilometro non guasterà. Arrivati all'altro capo, l'ennesimo pick up si ferma pressochè immediatamente. Marito moglie e figliola. Si va, almeno fino a Fang. Al papi piace il Gran Premio e si lancia a tutta birra a tagliare le curve di colline sommerse dal verde piu' acceso,


sballottolando le testoline dell'allegra famigliola come quei canetti di peluche che usavano moda negli anni ottanta. sballottolando le testoline dell'allegra famigliola come quei canetti di peluche che usavano moda negli anni ottanta. Maostralo (pitechi ricordiamolo è in Monastero) se la spassano, sole in faccia e vento in poppa, finchè dal nulla (e nel nulla) la macchina inchioda. E mentre ci apprestiamo a smontare, cercando di capire a quale destinazione ci avesse mai portato, paparino fa cenno di sederci e di aspettare. Mamma e figlia scendono e quest'ultima si appresta a vomitare l'impossibile. Povera piccina, ci credo bene!
Terminata l'opera di svuotamento, Vomitina risale in macchina e papà riparte esattamente come prima, che l'imprevisto pit-stop ha portato via preziosi secondi.
Fang è bruttarella e dopo la pisciatina di rito ci si ributta on the road, fermamente convinti di dormire a Thaton. Il Golden Triangle è lontano, il tempo stringe e i soldi sono pochi.
Solita chilometrata infinita e...tac, manco ci fermiamo che si blocca un altro pick up, questa volta bordeaux. Un venditore di fiori finti e due baldi compari. Si scosta qualche foglia di plastica, ci si adagia sul duro e si va.

E si arriva pure!
E come prima cosa si studia il territorio, per capire dove stendere l'amaca.
Dovete sapere che ogni tempio del nord che si rispetti sta abbarbicato sul cucuzzolo di un colle. Centinaia di scalini regalano vedute mozzafiato, al loro termine regalano anche un po' di sosta al pellegrino sotto al tetto di una pagoda contemplativa.
E visto che siamo in città, quale luogo migliore se non la Pagodina sopra al fiume Mae Kok, che entra in Thailandia dal Myanmar giusto qualche chilometro a monte?
Trovato lo spot non ci resta che passare alla seconda delle quattro sacre esigenze del Clochard amacato: la doccia. Che qui sono 40 gradi e si puzza come mufloni.
Alla cifra da capogiro di 60cents, noi che si vive con 2,5 euri al dì alloggio incluso, abbiamo soddisfatto le nostre vanità immergendoci sotto una doccia gelata in una delle Guest House del paese, non felici, i padroni, di aver perso forse gli unici clienti del giorno.
E poi la cena, pregustata sin dal mattino, in una delle solite bettolacce decadenti, dove il Mao decide di rimaner un pelo piu' leggero della sera precedente, Porco all spiedo e in zuppa, mentre il Lake si tuffa sul pescegatto del Mae Kok, un silurino da mezzo chilo dalla forma di un vibratore fritto che non sai qual è la schiena, figurarsi il ventre.
Passeggiatina serale, giusto per attendere la quiete, un paio di ammiccamenti da due turiste di quelle "me piace l'omo zozzo ma solo pe 'na notte", ecco che è già ora di dondolarci un po'.
Si tira l'amaca, si infila il calzinetto e si ascolta.
Si ascolta il Mae Kok ribollire nel suo letto, incedere dolcemente conquistando territorio nel silenzio di una notte tropicale. Come musica sinfonica culla i nostri letti aiutato da una sagace brezza che chissà da quale parte del Myanmar nasce, struscia sorniona le gonne dei mille colli che separano le due terre, e se ne infischia dei confini e delle guardie, danzando per mano con le acque bruno scuro di questo fiume di storia e di tradizioni secolari.
Buona Notte!



Monsieur Mae Kok e Madam Birman

Casa nostra al Tempio

Good Morning Myanmar!

mercoledì 21 ottobre 2009

L'eso(r)d(i)o - da Pai a Mae Malai

Dove eravamo rimasti? Ah, si, accompagnamo la Dubay-San al bus e attendiamo da Pai il suo arrivo al Monastero, dopodiché ci si butta sulla strada. Direzione Mae Malai. Il caso ha voluto che fossero le due di pomeriggio di una torrida giornata della wet season, che significa che testa alta e pollice alzato come minimo ti sturi 2 litrozzi di acqua all'ora. Ma poco male, ci sentiamo fortunati. Il Lake, autostoppista improvvisato, alza il pollice con grazia maldestra, quasi a dire "se non ti è troppo bisturbo..." piega la gambina ed arrossisce ad ogni sguardo, mentre il Dottor Lupacchitch, ormai scafo e ben sturato, maglietta gialla acchiappasguardi, tipo ausiliario del traffico fa cenno con la manina destra fermate o te spezzo, e pollice sinistro al cielo, quasi a infilzare le nuvole che di passaggio si godevano lo spettacolo. Dopo circa un'ora Mao assume a vista d'occhio un colore marroncino che farebbe invidia a qualunque vacanziere tutto sdraio mentre il il Lake comincia a riflettere sui perchè della vita, lo step prima delle invocazioni a Dio. E mentre ci si sbucciava una banana dal casco acquistato poco prima ecco fermarsi di scatto un pick up con un altro Farang assiepato nel retro. - Vado solo per 10 km, se vi va... - Dieci è meglio di zero, si parte. Un attimo di socializzazione, quattro buffi di vento nei capelli ed eccoci nuovamente a terra. Nel nulla. E dal nulla sbuca un contadino che alle spalle fa: "bus! bus!" "No no, no bus, non se ne parla, vada come vada" "Io abito qui" risponde tra gesti e parole vagamente inglesi l'uomo della Terra indicando un ingresso tra le frasche tropicali di non so quale rampicante "se per questa sera non vi hanno caricato venite a dormire da me. Ci sarà anche mio figlio, che lui l'inglese lo parla!" Ringraziamo a mani giunte e ci salutiamo. Grazie Nonno, non si sa mai. E non appena ci salutiamo il destino vuole che un altro pick up si fermi. Due ragazzi e un monaco. "Mae Malai? Mae Malai!" Che culo, si va! Dopo un paio d'ore tra profumo di giungla e allegri cinguettii tropicali, raggiungiamo Mae Malai dove troviamo un mercato serale del cibo. Un paio di vasche, giusto per controllare prezzi e merci, un paio di rifiuti di venderci della frutta perchè noi uomini di strada siamo poveri e un po' si deve contrattare, ed ecco che lo sguardo di Mao viene rapito e violentato da una fettona di pancetta di un paio di cm di spessore, panata e fritta in chissà quale olio subtropicale. Lagus invece ripiega su un bel pescetto di fiume marrone pescato in prossimità di chissà quale condotto delle fognature. Una Papaia per il dopo e il gioco è fatto. O quasi.
Dove.
Troviamo un tavolo giusto fuori dal mercato, toh, che culo (again). Mentre si sbafa piu' di qualche poliziotto ci ronza intorno, però sorride. Il Lake non abituato a questi facili affetti rimane un po' sulle sue, fino a che un uomo in semiborghese, ossia in borghese ma col pistolozzo si avvicina per scambiare quattro chiacchiere. Ma proprio quattro perchè poi gira i tacchi e si fa beatamente i cacacci suoi. Altri poliziotti passeggiano e sorridono tra qualche lisca di pesce da un lato e riccioli di panatura tarzanellati nella folta chioma barbale di Mao, si termina dunque la cena e ci si appresta all'ultima missione del giorno. Ando tirà l'amàca. Alzandoci salutiamo cordialmente gli uomini dell'ordine che ricambiano affettuosi, e ci accorgiamo di aver cenato al tavolo del patio della caserma. Mmmmh, beh, grazie! Dopo piu' qualche chilometro al buio alla ricerca di due alberi o pali che siano, il che non è affatto semplice in una città, eleggiamo a miglior posto di Mae Malai un Gazebo di fronte a una fabbrica dalle luci ancora accese. Non distanti da noi due Bar abitati da un ciuffo di persone abbracciate tra loro tutte intente a far tintinnare le bottiglie al ritmo di musica del Siam. Si tirano le corde, ovvero Mao tira le corde, si rolla 'na sigaretta ed ecco che....una macchina a tutta velocità si lancia nel piazzale della fabbrica a tutta birra e illumina il Gazebo a giorno. Scende combattivo e..." ma siete Farang" esclama con gioia mentre riconosce i visi pallidi e le barbe impossibilmente orientali. "No perchè pensavo fossero Thai" (!) continua il buffo signore Thai "Io sono il proprietario della fabbrica. Ma se siete Farang allora non c'è nessun problema. Anzi, siete miei ospiti! Che volete qualcosa da bere, vi serve acqua?" "No grazie" decliniamo noi ancora un bel po' basiti. "Allora...enjoy your staying!" conclude l'imprenditore risalendo in macchina " A domani!"


Il Lake e i suoi "Perchè?"

sabato 17 ottobre 2009

Sulle Colline Atto Secondo

Il giorno successivo abbiamo deciso di visitare alcune grotte, un altro paio di tribu' (piu' easy) e di percorrere un loop tra le montagne, rigorosamente in motorino. Destinazione finale Zio Rudy di nuovo. Alla fine si sta bene, Mao ha il suo spot per l'amaca e noi la nostra capanna di bambu' e foglie intrecciate.
La Lod Cave ( la grotta) in realta' e' un passaggio dentro a una collina probabilmente eroso dal fiume che ci scorre dentro. Obbligatorio quindi, il tragitto in barca (anche questa di bambu').
Una sorta di discesa agli inferi, dove tutto e' oscurita' e odore acre di caccozio di pipistrello (ovunque). Uno dei Caronte Thai ci traghetta verso la prima grotta di tre, dove si scende a piedi, si osserva e si risale. Idem per le altre due. Conclusione finale carine ma non eccezionali.
Ripresi i nostri ferri siamo partiti direzione tribu' Kharen, villaggio remoto non distante dal Myanmar. Dopo chilometri di saliscendi costanti arriviamo a destinazione. Qualche timido sorriso, un paio di acquistini e ripartiamo.
La strada secondaria che porta a Mae Hong Son corre in cima a una catena di colline regalando incantevoli vedute sulle valli circostanti, attraversate da una rete di fiumi pluviali, e contornate da irti colli che spuntano dalla piana come panettoni al sole. Sorrisi e mani alzate accarezzano i viandanti mentre attraversano paesi dimenticati da Dio ma non dalla gioia.
Qualche ora e siamo di ritorno da Rudy, che ci aspetta con una cenetta da tutti assieme appassionatamente.
La mattina dopo e' gia' tempo dei saluti. Maostralopitechi si spostano a Mae Hong Son, per un po'.
Lunga guidata, qualche cascata qua e la' e giusto prima di arrivarci decidiamo di visitare un monastero buddista. Nemmeno il tempo di parcheggiare il motorino che la Dubix e' gia' dentro come tirata da fili di seta invisibili.
Dopo qualche minuto si entra anche noi e la si trova parlare con il Bonzo capo, seduta in fronte a Budda e il Bonzo medesimo.
"Ragazzi, qui fanno il ritiro Vipassana, sette giorni di meditazione. Io mi sento che mi devo fermare" esordisce Dub-budd appena usciti dal monastero.
E cosi' sia.
Si torna indietro, per riorganizzarci. Novanta chilometri di pioggia e scavallamenti di montagne ci portano nuovamente a Pai, ormai crocevia delle nostre dipartite.
Serata tutti assieme e l'indomani ci si divide.
Erika in meditazione serrata, Lake che adotta il metodo Lupacchini (Mao): amaca e autostop. Destinazione finale Golden Triangle.
Via!
L'uomo delle Caverne









Dubix Monastica in partenza

mercoledì 14 ottobre 2009

Sulle colline


Partiti il tardo pomeriggio direzione Mae Hong Son, dopo qualche ora i motorini hanno deciso di non voler viaggiare di notte. Il primo paese e' nostro. Lisu Lodge, capanna nel nulla, spot per l'amaca, done. E chi ci troviamo? Rudy tetesco ti thailantia che quindici anni prima ha detto basta alla caotica vita occidentale e si e' trasferito qui da qualche non ben definita area tra le impervie colline di Pai. Anzi su una delle. Rudy (Rudolf?) e' un esperto di tribu' e grotte e pure di cascate e mostrandoci a petto gonfio la cartina delle colline, direttamente disegnata da lui, riempiva i nostri occhi di leggende inenarrabili e luoghi "paradisicamente" incontaminati. E piu' raccontava e piu' i nostri motorini ruggivano inferociti come belve fameliche della selva piu' oscura. Ma, dice Rudy, niente motorini. Qui si va a piedi, 20 km per quel villaggio, quindici per l'altro 7 per...e piu' parlava piu' i nostri occhi si ri sgonfiavano come meduse in secca. Il giorno dopo, non totalmente convinti, Maostralopitechi accettano una proposta di perlustrazione da parte del Lake che testera' il territorio con il suo Yamaha Mio dopodiche' riportera' alla commissione la suituazione del manto stradale. Il Lake che come tutti sanno vede cio' che vuole, ovviamente riporta sporadiche pozze d'acqua e un manto sterrato tuttosommato percorribile. Detto fatto. Ciao Rudy, noi si va a Manara'. La strada, ovviamente sterrata ma compatta, e' davvero suggestiva, e corre tra una collina a sinistra e uno strapiombo costante a destra. Su e giu' Su e giu'. Su su su su. Giu' Giu' Giu' Giu'. Curva di 45, curva di 90, curva di 180. Destra sinistra. Giu' giu' giu' giu. Su Su LagoDub sullo Yamaha medesimo, guardinghi e turisti fai da te, si godono le anguste vallate di riso verdebrillante circondate da aspre colline con pareti a strapiombo ricoperte da muri di foresta supertropicale;

Mao, in preda a una Mugellesca Bacterica, cavalca inferocito il suo Honda a marce, casco easy rider e barba al vento (tanta barba. talmente tanta che sembra ZZTop) mordeva la strada a colpi pedalina. Arriviamo al primo villaggio, palafitte di legno, tetto di foglie, cani maiali galline, abbarbicato sul pendio della montagna. Stirpe Kharen. Giretto turistico, frutto e sigaretta. La strada di fronte a noi non e' troppo lunga ma l'insidia sta sempre dietro l'albero di banane. Il secondo villaggio e' completamente diverso, la gente pure. Capanne di legno, tetti di foglie differenti, il paesello si sviluppa in tondo, tutt'attorno a un'ipotetica piazza che pero' non e' una piazza. Non lo so, sembra un po' uno di quei luoghi dove once upon a time ci vendono le bestie. La gente pure e' differente, non somaticamente, comportamentalmente si. Li' c'era poco da girare, amenoche' non volessimo fare qualche girotondo della fantomatica piazzetta, e dopo averlo fatto siamo ripartiti. Qualche chilomentro ed entriamo in una valle stretta con il fiume a scendere con noi cimpletamente dominata da alberi secolari, rampicanti fittissimi e cespugli profumati. Ogni tanto ci sfiorava il profumo del lemongrass appena smosso. Qui la strada e' tutta curve e discesa, che significa che prima o poi l'avremmo dovuta fare, la salita. Lo appunto perche' il Mio, cioe' il mio, si insomma il mio Yamaha Mio (precisazione era della Dubinci ma la strada..la strada...!) in due senza marcia a 20 all'ora le fa le salite, che poi significa che ci stai due ore a tornare indietro, anyway nel bel mezzo di orgasmi multipli oculari, davanti a noi si apre Manara', sempre legno e foglie costruita su una sorta di terrazzamento a quattro livelli. Giro veloce, solito frutto e nicotina e..... E. E inizia a piovere. Dopo un'ora di trattative serrate sul da farsi sotto una tettoia di metallo, Maostralop. decidono per la ritirata. Che se l'argilla battuta si ammolla, le pozze, i fiumi che straripano, frane, rovine, le famose nevicate di Pai, fatto sta che giriamo i tacchi e battiamo (saggiamente) in ritirata. Adios Manara' prima o poi ci si rivedra'. Facile a dirsi. Sembrava un acquagym. Te sali sul tuo motorino, ti lanci in curve discutibilmente geometriche, a salire con ruscelletti infimi di acqua che scioglievano l'argilla e toglievano aderenza alle esili gommine cheap montate sui nostri ferri da combattimento. E poi scendi...uhuuuu che scendi! Mossa numero uno: la Dubay salta sul callo del Mao, che e' poi' potente. Mossa numero due la Dubay scende a ogni salita e ogni discesa. Praticamente passeggia. Numero tre, nelle salite il fuoripista, nelle discese si cavalca piedi a terra con le ruote incastrate in un ruscelletto di fango. Cosi' non slittano. Lago casca due volte. Ovviamente da fermo. Piove che ti sembra che ti stiano tirando le biglie in faccia. E sali e scendi e cammina e sali e scendi e scavalca, dopo un'ora abbiamo gia' 7 chilometri alle spalle, davanti a noi una Ute con due ruote sprofondate nella fanga e tanti piccoli Thai o chissa' di quale etnia che spingo e ridono gioiosi. E quando il gioco si fa duro.... La prima botta e' andata male, anche perche' si dovevano ancora prendere le misure...e le solite scuse, ma la seconda "Mao The Pai Doctor" and Lake si lanciano nella spinta piu' forte del mondo e mentre la macchina stava per uscire tutti si staccano tranne me medesimo che mente continua a denti stretti a dare il suo apporto viene colpito ripetutamente da una raffica di stronzetti di melma che dalla ruota liberata fioccavano a destra e a sinistra e al centro e sopra e sotto ogni pezzo di superficie corporea Laghesca che gia' camminava sulle ginocchia perche' sprofondato come la Jeep. Una sommersione. Urla saluti abbracci e se vedemo'. Che ci sono ancora 10 chilometri e chi lo sa quanto si sta'. Solito su giu' destra sinistra biglie e al crepuscolo vediamo in lontananza la Guesthouse. E Rudy. Che sulla porta ci osserva e se la ride sotto i baffi.






sabato 10 ottobre 2009

Mao Pai Tao



Adagiata soavemente in un'ampia valle lussureggiante e, accerchiata da colline che sembrano enormi denti di una bocca tutta intenta a mordere il cielo, Pai e' un villaggetto sonnecchioso che durante la stagione secca si trasforma in un centro turistico di una portata considerevole.
In realta' noi Australopitechi ci si aspettava un posticciolo di capanne di bambu' e poco altro,ma per fortuna la stagione "hot" deve ancora arrivare.
Abbiamo trovato una Guesthouse chiusa per restauro dall'altro lato della vita caotica del viaggiatore un po' hippy con lo zaino in spalla e per pochi baht ci siamo appollaiati in una capannetta tra gli alberi di banano e i fiori di loto giustappunto sbocciando.
Mao si e' tirato l'amaca in giardino



e ci siamo poi creati l'area chill out su di una panca inchiodata sotto la veranda di una palafitta in Bambu'. Qui si sono trascorsi pomeriggi interi, in attesa di una spiovuta tropicale o semplicemente ascoltando il fruscio delle innumerabili piante del riso, che una brezza ristoratrice si divertiva a scuotere suonando i chicchi d'oro come migliaia di nacchere spagnole.
Maostralopitechi, famosi in mezza asia per la propensione al cibo locale, si sono lanciati alla conquista del market pomeridiano, carico di primizie fatte in casa e sontuosa frutta di stagione.



Mao invece ha lasciato spazio all'espressione dell'arte asiatica da parte un artista che gli ha impresso un Tao tra le costole rigorosamente con tecnica Thai: il tatuaggio a Bambu'.
Dubilake si sono invece dati al sollazzo assoluto, visitando in motorino delle cascate nelle colline circostanti, dove un serpentello di una metrata ha deciso di dar un occhio a questi due Farang un po' troppo da vicino, e, rigorosamente all'alba, andando in ammollo per alcune ore nelle vasche di una sorgente naturale di acqua termale a dir poco cocente (alcuni Thai ci cucinavano gli ovetti sodi) circondate da una vegetazione a dir poco Sandokanesca.







E tra un'abbuffata di sticky rice e una sguazzata riscaldante, i giorni a Pai si sono fatti e quindi oggi stesso si parte. Piano Dubay accolto.
E come dei Bikers delle Malacche, due motorini, un cambio di stracci sulle spalle, due bottiglie di benzina e liberta' da inspirare, via, alla ricerca del Phat Thai piu' incontaminato.
Yummmmmmmmmmmmmm!

mercoledì 7 ottobre 2009

Life must go on


Dopo un ritorno non facile in Italia, dopo un ritorno ancor meno facile in Australia, dove le cose non sono andate ne' bene ne' male, ovvero sia bene che male, gli Australopitechi approdano in Thailandia, per il solito tour gastronomico a prezzi 3x2 e qualche boccata d'aria fresca, piu' bagnata che fresca, tra le risaie alle pendici delle colline che discendono dal lato est dell'Himalaya.Bangkok si mostra come sempre sorniona e puttana; un crogiolo di culture e razze in armonia tra loro legate da una matassa di noodle e germogli di soja.
Bangkok capitale dei profumi e degli afrori, con il tuo naso che corre piu' veloce del tuo corpo verso grigliatine di tiger prawns piuttosto che pesci multicolore profondamente fritti nell'olio di cocco, e che ogni tanto sbaglia mira e va a ficcanasare tra le fognature a cielo aperto e l'odore dignitoso di una poverta' che sta comunque scomparendo a vista d'occhio. E poi frangipani, ginger e frutta di ogni sorta, fresca, matura, inebriante.
Con noi ovviamente Mao, che dal suo ritorno in barca a vela dall'Australia all'Europa, arrivato nello stretto di Malacca come la Tigre di Mompracen, con tanto di barba, turbante e coltellino svizzero (la sciabola in Malesia potrebbe offendere quanto il proiettile inesploso), ha deciso di dar pausa alle sue scorribande nei pericolosi mari dei sargassi per approdare in Bangkok dopo una 24ina di ore di treno, ovviamente terza classe.
Qui a casa del Re di Siam oltre al cibo ci siamo dedicati anche ai vari mercatini, anche se la nostra fantasia gia' viaggiava alle immense distese verdeoro del nord, popolato ancora da tribu' indigene di origini antiche, da sempre crocevia di scambi, preziosi, spezie e sostanze poco apprezzate nella modernita', e poi pace, tanquillita' e tanta tanta umidita'.
Ma torniamo a Bangkok, come tutti sanno capitale anche del massaggio "multiforme", il Lake registra (ma non prova integralmente) l'ultima frontiera del trattamento del piacere: l'arrivo nelle piazze del massaggio acquatico. Che poi consiste nell'immergere i tuoi piedi sozzi e secchi (ma non puzzosi - no shoes no stinks) in una vasca piena zeppa di alcuni pescetti picciotti con delle labbra alla Jolie che dolcemente accerchiano i tuoi arti e con baci profondi ti spettolano via quel che della tua pelle e' morto e vecchio. Una sorta di pulizia profonda e solletichinoda guanciotte rosse e da una mano sulla bocca a celare parzialmente timidi risolini adolescenziali.
Altri fatti da registrare un'uscita maschia nelle varie discoteche Thai dell'area dove Mao si e' lanciato in danze esotiche e secchiate di sudore al ritmo di musiche locali o "localizzate", mentre il Lake, dall'alto della sua veneranda eta' (per le discoteche) ha lasciato la sua gambetta scappar via in piu' di qualche occasione, ma sempre col busto sotto controllo e le spalle rigide come un'attaccapanni di Teak e, sempre il Lake, che ha fatto sua a tempo di record la sua prima cagarella tropicale, che grazie a dio si e' espressa in tutta la sua magnificenza solo dopo la lunga notta in Bus che ci ha portato a Chiang Mai, la capitale delle terre del Nord. Ideale punto di partenza per le zone piu' remote; e infatti 24 ore e siamo partiti.Noi col Bussetto Mao in autostop.
Ora si e' a Pai, ma questa e' un'altra storia.

See ya!


lunedì 17 agosto 2009

Un po' di pausa...

...ma torneremo presto!
Nel mentre vi abbraccio tutti

venerdì 5 giugno 2009

venerdì 15 maggio 2009

Dall'altro lato dell'amore

Si, siamo a Melbourne. Già da un po' a dire il vero.
E' che la pigra vita Melbournese ti tira dentro come un aspirapolvere e tu, inconsciamente, ti trovi in quel sacchetto di arte in movimento, graziosi localini, concerti quotidiani e mercatini dell'usato più vintage. Buon cibo e amici veri ne fanno da scena principale, come un quadro in movimento.
Viviamo in uno di quei Kibbutz d'oltreocean-i, altra casa stesso spirito.
Condivisione e aiuto reciproco.
Il tutto si svolge sotto una coltre costante di nubi che minacciano bufera grande ma che finora ci han graziato, lasciandoci, per così dire, al buio h24. Il sole fa capolino solo per poche ore, per pochi giorni, durante il lungo autunno SudVictoriano. E ovviamente, come buon spirito australiano, non si perde nemmeno un raggio di quel sole in letargo, per festeggiare a barby e buon spirito australiano.
Solo che di raggi ce ne sono stati solo uno e quindi attendiamo con ansia di celebrare nuovamente il “divin cuocere”.
Nel frattempo manicaretti da tutto il mondo vengono sfornati ogni sera; india, medioriente, con una forte influenza italiana. Una sorta di via della seta culinaria insomma.
La nostra stanza è una stupenda sunroof (come si dice in italiano? Ah, si, veranda) grande quanto il ns.Van a Perth ma con vista sul giardino e tanta, tanta (grigia) luce.
La veranda di una casa all'asta.
Qui con noi vive Charlie, uno conigliozzo nano albino. E voi direte: “e che cazzo, le ha proprio tutte!”
Eh no ragazzi non avete capito, nell'ambiente dei Petshop è uno che conta, uno di quelli che va via come il pane.
Charlie ha tre mesi, caca ovunque e adora l'uva sultanina.
E a colpi di gola il Lake e la Dubay si dilettano giornalmente nell'istruire il malcapitato coniglio a diventare un bravo cane di città. Uvette sultanine per chiamarlo, coccole e bacetti (incredibilmente ricambiati) non appena sale in braccio.
Charlie ama Erika. Trotta per la casa finchè la trova, le salta in grembo, si spalma tutto come la nutella sul pane buono e attende languidi carezzotti in luoghi conigliamente sconosciuti
Appena terminato il massaggio, si scuote tutto, salta al collo della sua amata e la bacia appassionatamente all'infinito.
Dopo qualche intenso minuto Erika lo lascia andare e baldanzoso salta su di me, due girettini, due sniffatine e poi mi avvisa, pisciandomi addosso, che “quella lì” è roba sua. Che carino, Charlino il nano albino!
In questi giorni deliziosamente sonnolenti, dove il vento scuote gli aceri e le betulle ornamentali di questi giardini lussureggianti, ricordando loro che è tempo di cambiar pelle, di prepararsi all'inverno, quel vento che porta a sé foglie e frutti secchi, giallo oro e bronzo acceso, li porta al cielo e li abbandona delicatamente al suolo, lasciando montagne insormontabili di foglie secche ovunque, che se pure rastrelli tutto dopo due minuti è come prima, ecco, in uno di questi giorni deliziosamente sonnolenti è nato Jacob, il figlioletto di Yuvi e Leah. What a blessing!
Così passano I nostri giorni Melbourniani, tra una passeggiata, abbracci fraterni e qualche caccolina da raccogliere qua e là. Cullati dal piacere delle piccole cose.
E in attesa del ritorno a Perth, programmato per fine mese.
Giusto il tempo di impacchetare un po' di cose e poi....Italie! Italie!




Our Beautiful room

Pop and his new friends

Farinacei al fuoco

Charlie nel su' cottage



Bacetti profusi

Pizza Tel Aviv


Lago spodestato

mercoledì 15 aprile 2009

Piogge improvvise


...e poi apparve un Principe.

Accadde quando I quattro, Lou Mozz and the Italians, in fin di poltrona accasciati sotto il pergolato, stavano giust'appunto rallegrando un'insolitamente tiepida e asciutta serata di mezz'autunno con un po' di spirito quando Mozz, narrando di una delle sue apocalittiche avventure di giaguari e spiriti, si sentì pervaso da un docile brivido che dal gomito scendeva dolcemente in direzione del polso. Tutt'intento nel raccontare, diede un'occhiata fugace al braccio destro notando con indifferenza un bug (bagarozzo) di dimensioni considerevoli camminare indisturbato. Con un movimento fulmineo agguanta l'insetto il quale gli si spappola inaspettatamente tra le dita.

What the f*** is that???

  • F***ing smashed bug, risponde Mozzy alzando gli occhiali a Mosca sulla bandana, per osservare meglio

  • How comes? Esclama Lou sgranando gli occhi

  • Don't know, too soft the bloody thing!

  • Let me have a look

Conclude Lou, accogliendo la poltiglia sul palmo della mano destra, la spalma un po', le viene d'annusarla e di getto esclama:

- Moooooozz! That's bloooody stinky shit! How lucky you are!

- Hey, I never hear about raining shit

Tutti noi alzammo gli occhi al cielo, Fatty incluso, occhi fumosi annebbiati da una coltre di buio

Di primo pelo non ci rivelarono nessun miracoloso temporale in arrivo, non fosse appunto per JJ che di passaggio a catturare qualche abbraccio placidamente esclama

  • That's Mr.Frog! Indicandoci un esserino verdoso appollaiato su una trave del patio, co' il culino esattamente sopra al braccio di Mozz.

  • Never heard about Frogs shitting on Mozzies!

  • Never thought they could shit that much!

E mentre i never si sprecavano a volontà, il nostro ranocchiotto destinato al principato, con un balzo silenzioso conquistò terra e, senza macchia alcuna, proseguì fiero lasciandosi dietro stubbies e posaceneri, fino a raggiungere l'ultima roccia del pavimento esterno. Li si fermò, ebbe da pensare per piu' di un minuto e, nel momento in cui ci distrammo The Little Prince guizzò nella fontana artificiale. Quella che Lou ha ricevuto al suo cinquantesimo compleanno per l'appunto.


Mr. Frog torna a casa tutte le sere, di solito col buio. Di giorno va al lavoro, si procura il cibo, vede qualche amico e tutte le sere torna a casa. Di solito col buio. Non si sa dove vada di giorno, ma una volta decise di passare un po' di tempo al caldo del cappuccio di plastica dello zaino di Erika.

E fu JJ a riportarlo alla fontana rassicurandolo con carezze e parole dolci dolci.

A volte accade che torni prima del tramonto e allora si siede sul bordo della fontanella e all'imbrunire canta la sua melodia cracchiante, fino a quattro, cinque volte consecutive. Dopodichè, rassegnato per un altro bacio mancato, salta negli oscuri abissi della sua fontanella elettrica e spegne la luce.

Ma non temete per il futuro di Mr.Frog, prima o poi JJ lo bacerà.

Meno 6 a Melbourne, gli Australop si preparano al saluto. Il lavoro è stato lavorato. Ancora un po' di cosette da sistemare per alleggerire il backpack. Delikina ha iniziato a fumare come una assassina, è dal dottore, sembra grave (fuel pump?). Incrociamo le dita.

La prima pioggia è arrivata. Quella vera, impetuosa; splendida e abbondante.

E con lei ha portato (ogni anno! Dice Lou) dei bellissimi millepiedi neri che sembrano merdine di passero arricciate. Solo che vivono sui muri interni e la mattina che per la prima volta li ho visti, era prima del caffè, ho subito pensato:

"e ora quale è, questo animale che caga orizzontale?"

L'ingresso alla stud

Dipingendo 1

Dipingendo 2




Festa di saluto a Mao (and Parents)

Mr.Frog's house


Coccolato da Sheah Leah