Fin dalle prime luci dell'alba rumori di preparativi vari giungevano a noi attraverso il torpido dolorino osseo creato dai tipici movimenti corporei delpre risveglio, del nostro dormire sul duro pavimento.
Tutto d'un tratto si aprono gli occhi, miei e di Mao, sguardi perplessi avvolti da folate di alitosi al peperoncino si incrociano e si scambiano idee di lenta levata, ma la festa chiama e quindi via, ci si stropiccia a dovere e si esce.
Nemmeno fuori dall'uscio che dolce viso ci prende sottobraccio e ci porta al villaggio per la colazione
Sotto di una tettoia, multitudini di genti tutte intente ad affettare piu' di qualche maiale sicuramente ancora in vita prima del sorgere del Dio Sole. Ognuno con il proprio compito: chi si dedicava agli intestini, chi ai polmoni, chi a non so quale organo piu' remoto del corpo suino. Era tutta una frattaglia.
Ci accomodiamo al tavolo, il capovillaggio si presenta e ci accoglie a braccia aperte mentre altre molitudini di gente si prodiga ad apparecchiare e portarci ogni ben di dio.
Si comincia con dei mirabolanti cubetti di pancetta fritta, per poi passare a della trippa, il tutto affogato da fiumi di Fanta (Finta).
Buon inizio per essere le sette del mattino. Il Lake fa suo qualche unto cubetto, lasciando a Mao l'ingrato (o grato) compito di spazzolare il Tutto, il quale ricambia con soventi gorgoglii gutturali.
Giusto il tempo di togliere le caccole dagli occhi che dolce ragazza prende il Lake per mano e lo porta dalla fattucchiera di Dont Know, in una capanna giusto qualche centinaio di metri a valle.
Ci accolgono il marito e i genitori della massaggiatrice, che offrono birra e timidi sorrisi.
Il Babbo fuma la pipa, ancora come si faceva un tempo, prima del tabacco, mentre Mamy, foulard in testa a mò di sceicco e denti in ferie, ci regala timidi sorrisi a bocca larga.
Il Lake si adagia sulla seggiola, butta in aria i suoi piedi menomati e lei arriva. Maglia del Re e Jeans di ordinanza.
Guarda velocemente la causa del dolore e si mette all'opera. Per quasi un'ora e mezza, potrei appuntare. Dopo appunto un'ora e mezza di atroci sofferenze e pediluvi lenitivi il Lake si rimette in piedi e....cammina!
Lascio un po' di mancia, piu' per riempire la coscienza socialoccidentale che per esplicita richiesta.
Ancora un paio di cicciole qua e là, si ascolta un po' il Monaco litaneggiare canti incomprensibili, si impacchettano i 4 stracci, si saluta a mani giunte un po' tutti e ci si ributta in strada, che il Lake vuole testare la coppia di piedi nuova di zecca.
E quale occasione migliore se non percorrerci subito quei 3 km che ci distanziano dall'incrocio con la strada principale? Via, che sono le 11.30 e il sole ancora non ti desquama.
Per fortuna all'arrivo c'è un capanno di bambu', così ci si rilassa un po' all'ombra. Il tempo di una sigaretta e una macchina distinta accosta e accetta di portarci fino al bivio per Mae Salong, che lui poi gira e va a Chiang Mai. Hai presente le animation giapponesi della nostra infanzia? L'insegnante tipo coi capelli grigi laccati all'indietro? Ecco, il nostro Caccamo delle colline ne è l'esempio vivente!
Ci accompagna silenzioso al nostro "punto" che coincide anche con la "frontiera" tra le due province (Chiang Mai, si entra a Chiang Rai).
Il Lake si appanica un pochetto per la presenza delle forze dell'ordine, tipo "ecco, e ora? e se l'autostop è proibito?" e mentre grufola altre paranoie occidentali ecco che il milite con fare agguerrito si avvicina e come in ogni classica occasione fallacea esclama: "dove dovete andare?" " Mae Salong ma...ma..." Il gendarme sussurra qualcosa al suo compare il quale si dirige verso una macchina in arrivo e gli impone di darci un passaggio. Tre ragazzi alla guida di un pick up, rosso fuoco e cabinato, "acconsentono" con un cenno e ci caricano nel vano merci. Dalla velocità assurda di percorrenza di strade tutte curve e saliscendi, sembra quasi ce lo vogliano far pagar caro, quel si a denti stretti.
Ma la strada è un po' così, prendi quel che viene e accetti il tuo destino. Con una celata grattatina al cavallo.
In men che non si dica si arriva a Mae Salong, città di cinquant'anni fondata da un generale dissidente di Mao, che abbandonò i nefandi progetti dittatoriali e portò le sue genti dallo Yunnan al di qua del confine, nel Prathet Thai (Paese degli Uomini Liberi), a milleduecento metri di sconfinate vedute delle valli sottostanti e protetti da giugle rigogliose.
Qui si coltiva il Tè, il Verde della migliore qualità. Sostituì la coltivazione massiva di Oppio che permetteva a queste genti isolate, abitanti di una terra impervia, di sopravvivere di scambio.
A Mae Salong piove sempre, o meglio se sono sotto la pioggia e faccio cento metri ecco che non piove piu'. Ma se poi ne faccio altri cinquecento piove di nuovo, di quella microscopica che nemmeno ti bagna.
E grigi nuvoloni lacerati da cocenti raggi di sole. Il nido delle aquile insomma.
A Mae Salong tutto è mercato mercanzia mercanteggiabile. Innumerevoli incontabili incantevoli negozietti e bancarelle si facevano strada alla vista che allargava l'orizzonte ad ogni nostro passo.
Ambulanti imbonitori semplici esercenti decantavano a squarciagola le innumerevoli proprietà del tè di loro produzioni, offrendo piccoli deliziosi qualificati assaggini della migliore qualità. Piu' di qualche avventore curioso turista si lasciava trasportare dalle usanze e dei modi regalandosi preziosi minuti di piacere assoluto, una sorta di galleria di profumi infusioni ed esplosioni del palato, un meccanismo perfetto come quegli orologi dell'est che allo scoccar dell'ora regalano spezzoni di vita (non piu') comune.
Io e Totò si bada al sodo, per il momento, che significa riso in panza. Tanto riso poca panza.
Il primo ristorante va bene, anche se ci costerà quei trenta baht in piu'. C'est la Vie.
Decidiamo di noleggiare un motorino, visti i saliscendi e il Lake ancora claudicante. Si va al Megatempio quattro km a monte, proprio sul cucuzzolo, da dove il Lake scatta alcune di queste foto.
Si guarda in giro in cerca della solita pagodina ma non c'è traccia. E qui pioviggina, come già si è accennato.
Si scende di nuovo al paese, si prende ogni singola stradina che potrebbe portare al centro dal paese (le scale DEVONO esserci), si termina spesso in pagodine funerarie che vabbè lo spirito libero ma l'amaca a fianco del morto fa un non so che di stanotte ogni scricchiolìo è mio.
Ormai esausti e senza risultato si finisce a una bancarellina con una bella veduta sul paese. Si decide di provare. Vai con la danza dei Tè.
Oulong, Yasmine, Ginseng, Oulong prima scelta, tutto studiato, tutto perfetto, nei gesti e secondo tradizione. Il Lake si incanta, Mao gradisce ma non gongola, in lui riecheggiano ancora gli antichi sapori maialiferi.
Nonostante l'estasi saporifera si decide di non comprare, che questa è la prima e magari lo paghiamo il doppio.
Il venditore quindi si gioca l'asso e invita all'assaggio della frutta caramellata. Risparmio la manfrina (nostra), porto direttamente a conoscenza i costi: 350 bath ai quali si devono aggiungere baht 200 investiti dal Lago per un chilo di costosissimo Macadamia. Tè no grazie tutto il resto è mio.
Si riscende, si inforca senza speranze l'ultima viuzza che porta "su" e...le scale! La pagoda! Meraviglioso, anche stanotte si dorme.
Si riscende a valle per uno spuntino e poi si stende l'amaca. Ma non si dorme subito.
Questa notte il cielo torbido di Mae Salong ci fa un dono. Ha deciso di dar spazio alle incontenibili stelle di una tiepida notte tropicale.
Coltivazione del Tè
"Fabbrica" del Tè